Curiosità sull’aringa in saor
L’ aringa in saor è uno di quei piatti dove cucinare in modo semplice e cucinare bene indicano amore per la cultura.
Vorrei sfatare il mito che trattare di cucina non sia fare cultura, perché assaggiando i piatti tipici di alcune località si possono tracciare i profili culturale, storico e geografico di quel luogo.
Esplorando le Radici Culinarie del Friuli Venezia Giulia
Evitando di soffermarci solo sulle dosi e sui componenti di quella tal ricetta, e rinunciando ad accanirci su quale sia la “vera” originale, possiamo addentrarci in un ambiente ben più ricco.
Il piatto, infatti, ci racconta perché proprio quell’ingrediente e non un altro, perché alla composizione è stato dato un certo nome e quali influenze ne ha tratto dal territorio.
In saôr, ovvero un nome Veneto per una ricetta Friulana, perché?
Il Friuli Venezia Giulia è stato dominato dai Patriarchi di Aquileia, dai Conti di Gorizia, dalla Serenissima Repubblica Veneta e dall’Imperatore d’Austria; comprende le Alpi Carniche, le Prealpi Giulie, le lagune di Grado e Marano, grandi fiumi quali l’Isonzo e il Tagliamento; la popolazione discende da genti e tradizioni differenti: Latini, Celti, Longobardi, Bizantini, Sloveni, Ebrei e Boemi, per citarne alcuni.
Volendo approfondire la genesi del popolo e quindi della cucina friulana l’Agenzia per la lingua friulana (A.R.le.F) ne approfondisce i passi nell’articolo “Friuli: Storia e Cultura“.
Tutto questo si trova nei nostri piatti, se solo lasciamo scorrere, con semplicità, la voglia di cucinare elaborando i prodotti e le tradizioni del territorio.
Troviamo, quindi, nell’aringa in saor, le contaminazioni acquisite, ovvero l’elaborazione di piatti a base di pesce proveniente dalla laguna che bagna il confine meridionale regionale, ma con un tocco che arriva, in questo caso da Ovest.
La tradizione Quaresimale dell’aringa in saor.
Principalmente si serve durante il periodo della Quaresima, quando per tradizione si mangia piatti di magro, escludendo quindi tutte le carni che si trovavano a bordo dell’Arca di Noè, e trova il suo trionfo il Mercoledì delle ceneri, giorno in cui ogni osteria, ristorante o trattoria Friulana propone l’aringa in mille mila varianti.
L’aringa in saor: da piatto “ignorante” a curiosità culturale.
Qualche variabile la troviamo anche nel nome, nella lingua Friulana la troviamo come renghe o cospetòn a seconda della zona. Un’ulteriore distinzione si avrà a seconda del momento in cui l’aringa è stata pescata avremo quindi renghe se la pesca è avvenuta prima della frega, altrimenti si chiama sardelon ed è di minor pregio.
Per terminare con le curiosità, sempre che questo pesciolino sia stato pescato prima della frega, avremo che il maschio si chiama renghe di lat (aringa di latte), mentre la femmina renghe di ûs (aringa di uova).
Vediamo ora la ricetta della Renghe in saôr – Aringa in saôr
Ingredienti per 4 persone
- 1 aringa affumicata (circa 350 gr)
- 2 cipolle (circa 400 gr)
- 20 gr di prezzemolo tritato
- 40 gr di pinoli
- 60/70 gr di uvetta sultanina
- 50 gr di zucchero
- 1 bicchiere di vino bianco
- 250 ml di aceto bianco
- 2 foglie di alloro
- sale
- pepe
- olio
Preparazione dell’aringa in saor
Metti ad ammollare l’uvetta in acqua calda.
Taglia la cipolla a fette e versale in un tegame assieme a olio, sale, pepe, zucchero e alle 2 foglie di alloro; lascia cuocere a fuoco dolce una decina di minuti. Se utilizzi la cipolla bianca considera che si deve stufare senza colorire, a me piace usare la cipolla rossa per dare colore al piatto.
Aggiungi l’uvetta strizzata e i pinoli, mescola un paio di minuti, poi versa aceto e vino bianco, mescola e lascia cuocere altri 8/10 minuti. Aggiungi infine il prezzemolo tritato, lascia ancora qualche minuto sul fuoco mescolando. Poi spegni e lascia raffreddare questo sughetto.
Nel frattempo pulisci l’aringa, togli la pelle, le lische, dividila in filetti e taglia in 3 o 4 piccoli tranci, a seconda della dimensione dell’aringa e di come la vuoi servire. A me piace a piccoli bocconi.
Disponi i tranci in una pirofila, ricopri con il sughetto e lascia riposare almeno qualche ora in modo che i sapori si possano amalgamare.
Ottima servita con della polenta abbrustolita e un calice di buon Friulano! Buon appetito!
Puoi vedere la video ricetta durante la puntata di “Messede che si tache ®”.